Quasi vent’anni dopo un tragico evento, una famiglia continua a combattere contro il dolore e contro la sordità delle istituzioni. Alle 8 del mattino del 13 febbraio 2002 il piccolo Roberto Taormina, di 7 anni, veniva falciato sulle strisce pedonali mentre insieme al padre attraversava viale Vittorio Veneto per entrare alla scuola Mario Rapisardi. Nel momento in cui padre e figlio stavano attraversando la strada, però, venivano travolti e scagliati a 10 metri di distanza da una Fiat Punto guidata da Barbara Occhipinti, ventenne Ragusana risultata successivamente positiva ad alcol e cocaina. Da quel giorno rimane tanto dolore e tanta amarezza: dopo l’incidente Edoardo Taormina, il padre, è rimasto immobilizzato per due mesi per poi riprendersi, ma per il piccolo Roberto la vita non sarebbe stata più la stessa. Oggi Roberto, ventisettenne, vive in casa bisognoso di assistenza continua, senza la possibilità di deambulare e parlare. Maria Grazia Grillo, mamma di Roberto, continua a chiedere giustizia per il figlio e per un’intera famiglia, non utilizzando mezzi termini nell'attribuire le responsabilità e nel richiamare chi non ha fatto ciò che avrebbe dovuto all’epoca dei fatti, «Occhipinti deve pensare a ciò che ha fatto, dato che non ci ha pensato neanche lo Stato, dandole 40 weekend da trascorrere in casa, che con l’indulto non ha poi scontato. Che abbia un po’ di rimorso di coscienza». Uno degli aspetti che più addolora, ha raccontato ai microfoni di Sicra Press la madre di Roberto, è quello di non aver appunto ricevuto alcune scuse da parte di chi ha commesso il fatto, «non ha mai chiesto scusa, non si è posta il problema di sapere come sta Roberto. Quella mattina questa persona aveva fatto uso di alcool e cocaina, confermato dalle analisi effettuate». Ma come sta oggi Roberto? «Roberto sta bene, è seguito da tutti noi ma non è in grado di parlare, non cammina, vive attraverso noi, gli amici e le terapie che fa. Questa è la sua vita, o la vita che gli è stata rubata…». Un tasto dolente anche quello relativo ai risarcimenti, «i danni di mio figlio sono inquantificabili. Barbara Occhipinti non ha mai risarcito nulla, non si è mai fatta vedere. Poi all’epoca tutto fu affidato a un giudice di pace, cosa assurda e vergognosa, un caso del genere doveva essere seguito, non affidato a un giudice di pace. Mi sono sentita trascurata e soprattutto ignorata dallo Stato italiano». Di incidenti che hanno spezzato vite, causati da chi non avrebbe dovuto mettersi alla guida, ne sentiamo parlare quotidianamente, ma c’è giustizia per chi si macchia di reati del genere e tutela per chi li subisce? «Non abbiamo avuto giustizia, la giustizia italiana dà licenza di uccidere. Anche oggi quante persone causano incidenti stradali, uccidono e sono fuori dopo 3 giorni?». La durezza delle parole di Maria Grazia Grillo lascia trasparire una rabbia, un senso di abbandono e frustrazione alimentate anche dagli ultimi episodi avvenuti al Comune di Mascalucia:«Abbiamo preso un furgone per mio figlio, ma per immatricolarlo è necessario un suo documento, dunque la sua carta d’identità: se non c’è il documento non può esserci il furgone, ma per portare mio figlio a fare la carta d’identità ho necessità di un furgone… è un gatto che si morde la coda». In quest’ultima vicenda è intervenuto il primo cittadino del Comune in provincia di Catania, richiedendo - racconta Grillo - una certificazione che potesse attestare l’impossibilità di deambulazione del ragazzo, ma la vicenda non è andata a buon fine, «ho portato il certificato della legge 104 che dimostra che mio figlio ha una disabilità gravissima, ma questo non andava bene, abbiamo allora portato altro che attesti l’acquisto del furgone….Ma perché dobbiamo arrivare a questo? Un cittadino con invalidità grave deve essere tutelato dal Comune e dallo Stato». In merito alla vicenda è intervenuto anche Carmelo Finocchiaro, presidente Confedercontribuenti, analizzando la situazione ed appellandosi direttamente al primo cittadino di Mascalucia: «Cittadino abbandonato? È una riste verità, Roberto è un cittadino che ha diritto ad avere la carta d’identità portata in casa. Le pubbliche amministrazioni, che dovrebbero essere a servizio del cittadino che non può recarsi presso gli uffici, devono avere la sensibilità di andare dal cittadino stesso a trovare le soluzioni. La vicenda di Mascalucia dimostra come le pubbliche amministrazioni della provincia di Catania spesso sbaglino. Sindaco, dimostri di essere il primo cittadino e riporti alla civiltà questo Comune».