Uno degli allenatori catanesi che da 22 anni domina la scena nel calcio dilettanti è senza dubbio Natale Serafino, anche quest’anno vincente perché ha salvato l’IMESI Atletico Catania 1994 dalla retrocessione, dopo un girone di andata molto deludente.
Il presidente Franco Proto, vecchio lupo d’antico pelo, ha capito a gennaio che per salvarsi occorreva rigenerare il parco giocatori e un grande trascinatore: Natale Serafino!
Il giornalismo di questi tempi è ben poca cosa: nessuna intervista, commento delle partite scarso e
cronachistico (il pallone fa la barba al palo…) ed altre corbellerie del genere; ma soprattutto le nuove leve, tranne qualche rara eccezione, non comprendono a fondi il lavoro svolto dagli allenatori. E’ troppo facile intervistare Giovanni Campanella, da 20 anni in trionfo; più difficile è capire chi sono i suoi colleghi, che con una piccola formazione magari compiono piccoli miracoli calcistici.
Natale Serafino (classe 1970) negli Anni Ottanta giocava alla Fiera di Catania o nei pressi della sede catanese del Banco di Roma, in mezzo la strada o al più in qualche slargo: poi fu visto dal bravo Turi Cascio che lo portò alla Palestro di zio Turi Nicolosi a soli 11 anni! Poi fu al Mascalucia di Sciuto in Promozione, con la Clarentina di Tino Comis, poi in Eccellenza di nuovo con la Palestro del grande Orazio Santonocito, un vero “fenomeno della panchina”.
Dopo vari infortuni ultimo anno con il Valverde. Poi cominciò la carriera di allenatore nel 2002. Cominciò ad allenare gli Allievi Regionali della Pirandello del prof. Carmelo Impellizzeri, che con Concetto Papa allestì una società di tutto rispetto nel settore giovanile siciliano con il “lancio” di moltissimi ragazzi!
Poi Renato Marletta volle Serafino nella Rapprentativa Allievi di Catania per due anni, indi fu ingaggiato dallo Sporting Battiati, ma in realtà l’avventura più bella Serafino l’ha vissuta a Nicosia, un centro ennese isolato dal mondo, ma con tifosi esemplari, cordiali ed affettuosi.
Ma quali furono gli anni di fuoco! Ben 5 anni a Scordia, che Serafino portò fino in Serie D. Pazzesco, e non si può davvero non ricordare. Un trionfo. Insomma, una carriera alla Sarri, se il paragone mi è consentito. Ma per Sarri si aprirono le porte ad Empoli in serie B, mentre Serafino andò al Rosolini per due anni, poi di nuovo con la Scordia, poi ad Acicatena, poi al Carlentini, ma la sua consacrazione fu con la Leonzio, dove si è segnalato tra i migliori allenatori della Sicilia!
Nel frattempo – udite, udite ! – è andato al Supercorso di Coversiano a Firenze, dove si è diplomato allenatore UEFA A, cioè può allenare nei professionisti!
“Si, è vero, dice Natale Serafino, mi è mancato un pizzico di fortuna per allenare nei professionisti, ma oggi se non hai un procuratore, o non sei nel giro grosso, non puoi ambire a qualcosa di prestigioso. Per fortuna con il dott. Franco Proto e con il diesse Damiano Proto, all’Imesi Atletico Catania nel campionato di Eccellenza (girone B), ho avuto grandissime soddisfazioni: perché le squadre avversarie ci hanno rispettato ed hanno capito il grande impegno e la professionalità della società che ha sostenuto alla grande tutti i giocatori. Il settimo posto finale a quota 38 punti, da matricola del torneo non è poca cosa: per il prossimo anno, se arriverà qualche pedina importante e magari un campo d'allenamento all'altezza, potremo puntare anche a un campionato ancora più competitivo. La serie D? Non corriamo troppo…”.
Il binomio Proto-Serafino potrebbe risultare vincente, ma senza un campo di calcio a Catania (Zia Lisa è al limite) come farà la squadra ad allenarsi come si deve (comprese le giovanili…) ed ivi poter giocare la domenica? Ci sarà un accordo con la Gymmica Scordia di Lino Gurrisi a Scordia? Mi sembra difficile una fusione, ma nel calcio tutto è possibile.
Bene, Natale Serafino si è dimostrato un allenatore con i fiocchi con i suoi 22 anni di carriera: speriamo che riceva il giusto premio non solo alla carriera, ma con la prospettiva di una serie C che il buon Serafino meriterebbe ampiamente, sperando al contempo che i giornalisti nostrani sappiano valorizzarlo. O no?