Qualcosa come 46 femminicidi da inizio 2021, ovvero donne uccise dal partner o dall'ex. Sono invece 65 le donne uccise in Italia nello stesso periodo. Una scia di sangue e di donne vittime di uomini e di una cultura patologica che confonde l’amore con il possesso. Sempre più di frequente notizie di femminicidi occupano le prime pagine dei quotidiani, il fenomeno ha assunto - ormai da tempo - una dimensione tale da diventare un problema socio-culturale che necessita di essere analizzato e risolto. Uccidere per la fine di un amore, uccidere perchè l’altro sceglie di andare avanti: la piaga del femminicidio in Italia sembrerebbe non arrestarsi, diventando anzi un fenomeno in preoccupante crescita. Quanto è esteso il problema? Quali sono le cause? A queste domande ha risposto la dott.ssa Sarah Grisiglione, psicologa e psicoterapeuta: «Si tratta di una forma di patologia sociale legata a un fenomeno di tipo culturale. L’uomo assume una posizione prevaricatrice perchè crede che gli sia tutto permesso, in una relazione di dipendenza». Un altro giorno, un’altra vittima, questa volta a Bronte: l’8 settembre, nel giorno dell'udienza di separazione della coppia, Ada Rotini, 46 anni, è stata uccisa a coltellate dall'ex marito Filippo Asero, che ha poi tentato di togliersi la vita. “Se non posso averti, non puoi vivere”, queste le ragioni che scatenano la follia omicida di uomini violenti. «I profili di questi personaggi sono chiari dal punto di vista psicologico. Spesso però non vengono analizzati, seguiti, è importante fare dei progetti anche per gli uomini violenti - spiega la dott.ssa Grisiglione - Bisogna educare al dialogo, ad una comunicazione efficace e a un’emotività più empatica. “Se mi fai stare male ti uccido perchè non sopporto di sapere che io stia male e tu bene”, non c’è empatia, c’è frustrazione narcisistica». Le vittime di abusi e violenze sono adeguatamente protette dalle istituzioni? Un esempio che ha scatenato diverse polemiche è stato quello riguardante il caso di Vanessa Zappalà, 26enne uccisa a colpi di pistola dall’ex fidanzato ad Aci Trezza, massacrata in strada nonostante avesse denunciato il suo carnefice: dove è la protezione della vittima? «Lì ci fu una falla giuridica», l’uomo era stato sottoposto agli arresti domiciliari, per poi essere stato liberato dal gip e venire sottoposto al divieto di avvicinamento, «Se io denuncio e la legge non mi protegge in maniera adeguata, mi sento sola, abbandonata». Il problema andrebbe quindi affrontato su più fronti, «lo si dovrebbe affrontare dal punto di vista istituzionale, giuridico, culturale. Io sono una docente, ci siamo battuti moltissimo nelle scuole per educare alla consapevolezza dei ruoli». Bisogna partire quindi dalle scuole, ma i programmi educativi in tal senso esistono realmente, si fa davvero educazione ai rapporti sani già dalle scuole? «Si fa, ma spesso rimangono solo progetti. Noi ci impegniamo in questo senso, attuando progetti sia per i docenti, per formarli all’utilizzo di un linguaggio adeguato, sia per gli studenti. I progetti ci sono, ma purtroppo di queste cose ci re-interessiamo nel momento in cui c’è un fatto di cronaca eclatante». Si parla di patologia sociale e problema culturale, fenomeni che in Sicilia, al sud in generale, sembrerebbero essere più estesi che in altre parti d’Italia, « - commenta la dott.ssa Grisiglione - “Se tu sei la mia donna devi fare quello che dico io”… Sì, parliamo di un problema culturale quando la donna non denuncia perchè non è in grado di essere economicamente indipendente, non ha la protezione adeguata, non è assistita. e meno possibilità di affrancarsi dalla relazione e rifarsi una vita. Attenzione però, fenomeni del genere non riguardano soltanto determinate categorie sociali, è un fenomeno più esteso di quello che pensiamo».In Sicilia il fenomeno violenza e femminicidi è più grave che altrove?
credo che l’aspetto culturale delle società del sud, dove c’è maggiore differenza di genere, incida
Il soggetto debole è tale perchè non ha indipendenza economica