Checco Zalone- l'amatissimo alter ego del comico Luca Medici- torna al cinema con una nuova pellicola dal titolo enigmatico, di cui non solo è protagonista e sceneggiatore ma anche regista: "TOLO TOLO". Nessun trailer, nessuna spiegazione sul titolo e solo poche informazioni sulla trama. Come con "Quo vado" nel 2016, anche questa volta Zalone sceglie di tornare al cinema a gamba tesa, senza una vera campagna pubblicitaria. Tra critiche pregiudizievoli di oppositori ricorrenti e celebrazioni prevenute di ossequiosi seguaci, nessuno manca di vedere i suoi lavori. Non ha bisogno di promozione, la fama di cui gode autoalimenta la sua inarrestabile viralità e l'italiano va a vedere il suo ultimo film sapendo già che si tratterà di un successo e consacrandolo come tale ancora prima di averlo visto. Il fenomeno di Checco Zalone, che nasce a Zelig e raggiunge l'apice con il debutto al cinema nel 2009 di "Cado dalle nubi", nel delicato passaggio dal cabaret milanese alle sale cinematografiche ha continuato a far ridere e conquistato definitivamente il pubblico. Con questo nuovo film mette a rischio tutto e lo fa alla maniera di Luca Medici: con estrema intelligenza. Medici è solito vestire i panni fittizi dell'esuberante Checco, alla prima prova alla regia ha scelto quindi di travestire anche il suo il film e di spacciarlo come l'ennesimo successo, ma non lo è. Con questo espediente tutti vengono a vedere la sua commedia, che sì, fa ridere- forse non come le altre ma fa ridere- ma non è una commedia. Checco Zalone c'è, le situazioni assurde pure e battute non ne mancano, ma il film è assolutamente diverso da tutti gli altri. In questa nuova storia, Checco è sempre quell'italiano medio un po' buzzurro e tanto ignorante che, pur di realizzare il suo sogno, rifiuta il reddito di cittadinanza e apre un sushi restaurant a Spinazzola, nel cuore delle Murge. Una volta fallito il locale, è costretto a fuggire dai debiti e dal suo paese e si trasferisce in Africa, dove inizia a lavorare in un resort super lusso pieno zeppo di italiani in vacanza. Qui incontra Oumar, cameriere col sogno di diventare regista e la passione per l'Italia, con cui si ritrova a scappare per sfuggire alla guerra scoppiata in Africa. Insieme a una madre e un figlio, anche loro in fuga, Checco e Oumar faranno il grande viaggio per emigrare in Italia. Durante tutto il percorso fantasie e orrori si sovrappongono in questa narrazione psichedelica, che alterna allo scoppio di una bomba l'esplosione di una battuta. Scenari di morte vengono edulcorati da gag comiche, mentre Checco riesce nella difficilissima operazione di raccontare il dramma dell'emigrazione, facendo sì ridere, ma senza mai scadere nel cattivo gusto. Con delicatezza, leggerezza e acume il film denuncia la fastidiosa questione dei migranti, senza stigmatizzarsi con buonisti radicali o pubbliche ideologie di conservazione. Con questo film del tutto nuovo e senza dubbio controverso, Zalone sfida la sudata benevolenza dei fan, perché ogni tanto a tutti sale un po' il fascismo- che come la candida torna sempre- e non è certo che piacerà questo nuovo successo. Medici ha azzardato una prova semplice quanto scomoda obbligando i suoi ossequiosi seguaci a vedere una tragedia al posto della solita commedia italiana. E ha pensato anche ai suoi oppositori ricorrenti che chiederanno: "e dopo che Zalone ha fatto un film sull'immigrazione, che cambia?". Nulla. Ma che può farci Checco? E' forse sua la colpa? A questo il film risponde con una scena finale nosense che risolve la questione, come per tutto il tempo nel corso della narrazione, con una classica, affidabile e rassicurante minchiata. Però, a porsi il problema, e magari a cercare una risposta, non sarà solo solo Checco ma anche gli italiani che lo andranno a vedere. Solo solo, non fa niente nessuno.