Omofobia, identità negata e repressione: dibattito con il regista rumeno di Poppy Field all'Arena Argentinadi Carlo Genovese Serata intensa giovedì scorso all' Arena Argentina, enell'ambito dell'insostituibile KinEstFest - festival dedicato al cinema dell'est europeo, organizzato dalle irriducibili Santina Arena e e Chiara Platania - con la proezione del film "Câmp de maci/Poppy Field", film rumeno rivelazione dell'anno che sta riscontrando parecchio successone nei festival del cinema di tutta Europa. Un film che denuncia l'omofobia in Romania dove il referendum costituzionale del 2018 ha di fatto sancito che in Romania non possono avvenire le unioni legali tra persone dello stesso sesso.Omofobia che impera nei paesi dell'Est europeo e anche nei paesi dell'Unione Europea, compresa l'Italia.Ma non è un film espressamente LGBT, infatti è una chiara e forte denuncia che va oltre l'omofobia per investire tutti gli aspetti oppressivi e repressivi della società rumena, aspetti che si manifestano in gran parte dell'Europa e del pianeta. Principalmente è un film sull'identità, sulla difficoltà di essere liberi, sulla censura e l'autocensura, e principalmente sull'amore e l'impossibilità di amare senza condizioni.Un film che non propone una soluzione per il suo protagonista, un gendarme gay che autocensura in pubblico la sua omosessualità e che come tutore dell'ordine non esita a picchiare il proprio compagno che si oppone ad una manifestazione omofoba.Ospite dell'intensa serata il regista del film Eugen Jebeleanu, intervistato prima della proezione da Orazio Vasta, giornalista freelance, con la collaborazione di Orazio Laudani (traduzione) e di Claudia Urzì (riprese video). Dopo la visione del film, Dario Accolla e Orazio Laudani hanno condotto brillantemente un dibattito fra il pubblico e il regista.Numerosi e interessanti gli interventi, fra i quali segnaliamo quelli di Giusi Sipala, di Vera Navarria, di Alberto Surrentino, di Ambra Monterosso, di Claudia Urzì e di Maria Lombardo.