Sono trascorsi 70 anni dalla scomparsa (1907-1954) del grande scrittore Vitaliano Brancati e, sicuramente, a Zafferana, stanno già programmando un’edizione speciale per il <Premio Brancati-Zafferana>, ma a Catania cosa si sta preparando, visto che l’assessore alla Cultura è lo stesso sindaco Trantino, impegnato da mille e mille rivoli di grandi opere funzionali che attraggono gli investimenti più urgenti come interporto, piste ciclabili, terza corsia, il museo dell’Etna (all'ex ospedale Vittorio Emanuele), nuovi parcheggi al corso Sicilia e via discorrendo?
Appare chiaro che non c’è un “regista alla Gianni Rivera” per poter onorare degnamente la figura di Brancati. Oggi a Catania vige l’idea di non-luogo, che non è più spazio di ritrovo, conferenze, dibattiti, eccetera, come una parrocchia d’altri tempi (!), ma un centro di smistamento (per i vari assessorati…), una sorta di appiattimento dei rapporti sociali, su un piano di assoluto orizzontalità, facendo sì che anche organizzare con la facoltà di Lettere all’Università di Catania un incontro preselettivo sulla figura dello scrittore è un passo che nessuna delle due istituzioni è intenzionata a proporre.
Brancati è nato a Pachino, in provincia di Siracusa, ma è catanese nell’animo, nella mente e nella psicologia di chi ha vissuto nella nostra meravigliosa città, ormai succube di strategie di allontanamento e di isolamento da parte della Cultura Catanese, ormai in declino e profondo rosso da almeno 10 anni (?).
Quali sono le fondamenta dell’opera brancatiana? La tessera di fascista a soli 17 anni il 4 febbraio 1924, il suo incontro con Benito Mussolini, la sua opera minore “Fedor”, i suoi rapporti a Roma con Telesio Interlandi, l’opera “Piave”, “ Gli anni perduti”, e poi i capolavori “ Il bell’Antonio” e “Paolo il caldo”? Insomma ci sono i prodromi per discutere ancora una volta su alcune problematiche letterarie. Ma anche l’insegnamento fu una tappa molto importante per Brancati: a Caltanissetta e a Catania. Sicuramente in quel periodo 1938, ’39 e ’40 c’è stata la <conversione> di Brancati. Egli si era reso conto ampiamente che il fascismo aveva rivelato il suo lato oscuro: guerra in Etiopia, volontari in Spagna e sottomissione alla Germania.
Ma anche il suo fallimentare matrimonio con Anna Proclemer lo condusse ad un pessimismo sempre più esasperato. Insomma, una vita vissuta in pieno con momenti di delusione, pessimismo, felicità e di abbandono. Molti critici hanno valorizzato pienamente la grande forza di questo scrittore che a pieno titolo fa parte della Storia della letteratura italiana e merita ampiamente di essere ricordato nei modi e nei tempi dovuti.
La tomba si trova nel cimitero di Catania vicino l’ingresso principale (a quanto pare…) insieme a suo fratello Corrado ed ai suoi genitori e sicuramente si potrebbe invitare la figlia Antonia, che vive a Roma, e il prof. emerito Antonio Di Grado per poter onorare degnamente Vitaliano Brancati. Molto spesso si è detto di traslare le sue ceneri in una nuova tomba nel Viale degli Uomini Illustri vicino al Verga. Ma a Catania, come in tantissime altre cose, si arriva, quasi sempre, all’incomunicabilità e alla deresponsabilizzazione fino all’abbandono totale e completo nell’oblio del tempo.