Un coro, un grido di speranza e di aiuto. Un grido che non ha paura e che non lascia nessuno indietro ma che anzi unisce e include ogni singola voce, anche e soprattutto le più deboli. Questo è lo spirito con cui si è mossa la manifestazione di Non Una Di Meno, a Catania in ricorrenza dell'8 marzo, festa della donna. Con l'obbiettivo di gridare basta alle violenze di genere, il corteo transfemminista ha sfilato da piazza Roma sino a piazza Università, seguito da studenti e studentesse universitari e liceali e organizzazioni autonome quali Friday For Future o MUA (movimento universitari autonomo). Non una di meno nasce come un grido di salvezza in Argentina nel 2013 e si organizza poi in movimento, autonomo e spontaneo, che oggi è di portata internazionale. In occasione dell'otto marzo le principali piazze italiane hanno infatti sfilato in un corteo tranfemminista contro ogni forma di violenza di genere. E' una protesta pacifica e non violenta per sottolineare e denunciare un sistema sociale patriarcale che invece fonda il suo agire sulla forza. Le attiviste e gli attivisti denunciano uno Stato che non tutela e che uccide, uno stato che non rende le città sicure. «Non mi sentirò sicura in nessun posto fino a quando continuerà ad esistere una cultura patriarcale», sottolinea una delle ragazze che più volte è intervenute durante il corteo. Il corteo ha infatti sfiato con calma, riappropriandosi ,senza paura, delle strade della città. «Vogliamo sentirci sicure sia di giorno che di notte». A testimoniare l'intento pacifico e non violento della mani festazione sono stati gli spazi sicuri, pensati ed organizzati per i bambini, presenti e accompagnati dai genitori che avevano deciso di aderire allo sciopero e l'iniziativa... che si proponeva di garantire sicurezza e supporto qualora durante la manifestazione si dovessero essere verificati episodi di violenza o di omotransfobia. Tutte iniziative che mettono in risalto una grande organizzazione da parte di Non una di meno e degli altri movimenti autonomi che insieme agli studenti e alle studentesse si sono più volte riuniti in assemblee cittadine nelle settimane precedenti all'otto marzo. Ad essere denunciata dagli studenti e dalle studentesse è infatti una violenza sistemica e strutturale piuttosto che intima. Non solo una violenza di genere all'interno delle mura domestiche ma anche e sopratutto la violenza perpetrata dallo Stato che non tutela e che alimenta una cultura patriarcale ai danni della sicurezza e del diritto alla vita di tutti e tutte. E' uno stato che uccide e che fa acqua da tutte le parti, a tal proposito durante la manifestazione sono stati organizzati dal liceo artistico Lazzaro delle azioni simboliche che hanno contribuito a rendere più dinamica la giornata. Tra le iniziative del Liceo artistico catanese, la sagoma di un corpo umano in cartone e uno striscione affisso davanti la sede della regione siciliana, presso cui il corteo si è momentaneamente fermato per denunciare l'inefficacia del sistema sanitario nazionale che non garantisce un'assistenza oggettiva ed adeguata. Tantissimi sono infatti i medici obiettori di coscienza che ostacolano la volontà delle donne che intendono eseguire un'interruzione di gravidanza; allo stesso modo le critiche sono state rivolte all'inesistenza di consultori sul territorio che possano compensare l'affluenza di richieste di assistenza medica. «Vogliamo sentirci libere di abortire in sicurezza senza sentirci giudicate». Questa la richiesta banale ma non per questo scontata e sempre garantita dall'assistenza medica pubblica. Il tema della libertà di esercitare il diritto all'aborto in sicurezza è strettamente collegato all'importanza di un'adeguata educazione sessuale nelle scuole e alle tasse sugli assorbenti. A seguito degli interventi sostenuti dagli attivisti e dalle attiviste davanti alla sede della regione siciliana, le voci dei giovanissimi liceali che seguivano il corteo si sono infatti espresse sulla necessità di una adeguata educazione sessuale che possa informare i ragazzi e le ragazze sulle malattie sessualmente trasmissibili e sull'esigenza che venga abolita la tassa sugli assorbenti, che ricordano, non sono un lusso ma un bene necessario.«L'istruzione risente - sottolinea Nico Giuffrida studentessa di diciassette anni - della cultura patriarcale». «Spesso - continua - l'educazione sessuale che abbiamo ricevuto è stata inefficace» Per gli assorbenti? « Noi studenti abbiamo deciso di autogestirci distribuendo assorbenti gratuiti nei bagni della scuola». L'autogestione e l'autodifesa dunque risultano essere la conseguenza dell'inefficienza dello Stato. Una giornata di festa, di gioia e di riappropriazione delle strade della città si è conclusa con una nota amara che ha confermato ciò contro cui la manifestazione si è proposta di lottare ogni giorno. Giunto in piazza università, a seguito dell'intervento di uno student della facoltà di Psicologia (dell'università di Catania) che ha denunciato il comportamento trans-fobico che la docente Marinella Coco ha avuto nei suoi confronti; il corteo si è proposto di entrare al rettorato per richiedere un'assemblea pacifica con il rettore dell'UniCt Francesco Priolo. L'ingresso, in un edificio pubblico, quale quello del rettorato, in forma del tutto pacifica, è stata però subito ostacolata dalla forza dell'ordine che ha prontamente chiuso il portone di ingresso ( da prima aperto e valicabile da tutti) e spintonato gli studenti e le studentesse costruendo così un muro difensivo. Un esempio di violenza statale che reagisce ad una protesta pacifica di studenti e studentesse che sottolineano il loro diritto di entrare in un luogo pubblico. Tra l'indignazione e l'agitazione della folla vi è sopratutto la rivendicazione di un luogo, quale quello dell'università che dovrebbe tutelare gli studenti piuttosto che bloccarli e spintonarli. «L'università è degli studenti, noi paghiamo le tasse ed abbiamo il diritto di richiedere un'assemblea pacifica per denunciare il comportamento transfobico di una docente». Una chiara scissione tra studenti ed università che invece dovrebbero essere sinergicamente coese. Violente sono state le critiche rivolte al rettore Priolo che non ha sostenuto nessun dialogo con gli studenti e le studentesse. «Sono mesi- sottolineano i manifestanti- che inviamo lamentele richieste alle mail istituzionali dell'università ma da queste nessuna risposta. Ci sentiamo abbandonati».Abbandonati e respinti da chi agisce eseguendo ordini confermando "la banalità del male"; la risposta delle forze dell'ordine era infatti incapace di individuare il responsabile che aveva dato il comando. Ad intervenire all'ingresso del rettorato è stato Giovanni La via, direttore generale dell'università di Catania che davanti agli studenti intenzionati a non andarsene ne ha consentito l'accesso all'interno dei locali consentendo così una libera assemblea pacifica ed ordinata che ha avuto come conseguenze la presa di posizione dell'università che si è dissociata dal comportamento della docente Coco.[gallery ids="69205,69206,69207,69208"] La necessità di sentirsi al sicuro tra le strade della propria città
Un manifestazione pacifica e aperta ad ogni fascia di età
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Accesso al rettorato, ostacolato dalle forze dell'ordine
La banalità del male