Il caso risolto merita di essere sottolineato. A distanza dai 29 anni dai fatti. La prima Corte d’Assise di Catania infatti ha condannato a 21 anni di reclusione per omicidio Rosario Guzzetta, 53 anni, accusato di avere assassinato, nel 1990, strangolandolo con una corda in auto, Rosario Cinturino. Il delitto, è stata la ricostruzione dell’accusa, sostenuta dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e dalla sostituta Alessandra Russo, sarebbe maturato per contrasti tra i due nella spartizione di proventi derivanti dal traffico di sostanze stupefacenti.La Corte, presieduta da Sebastiano Mignemi, giudice a latere Anna Scirè, ha anche disposto il pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva di 50mila euro per ciascuno a favore dei quattro familiari della vittima che si sono costituiti parte civile nel processo. La vicenda sarebbe rimasta irrisolta se, nel 2019, 29 anni dopo il delitto, non ci fosse stata una svolta nel "cold case" dovuta all’archiviazione di dati di vecchi fascicoli della polizia scientifica da cui è emerso che sul luogo dell’omicidio erano stati repertati anche «due frammenti di impronte papillari». Uno di questi corrispondeva al «pollice della mano sinistra di Rosario Guzzetta, che era stato "fotosegnalato" nel dicembre del 1984 per rapina». Nell’inchiesta sono confluite numerose intercettazioni telefoniche e ambientali in cui, secondo l'accusa, «Guzzetta rivela il movente dell’omicidio sostenendo che lo ha ucciso in quanto era suo debitore». L’indagato, inoltre, ricostruisce la Procura, «non conoscendo pienamente le fonti di prova a suo carico, ritiene con certezza che ad accusarlo del delitto sia il collaboratore di giustizia Concetto Bonaccorsi detto 'U Carateddù».Cold case a Catania, condanna a 21 anni per omicidio del 1990
Determinanti le intercettazioni telefoniche e ambientali