Sono trascorsi 630 giorni di vuoto; 630 giorni dopo quel fatidico 19 ottobre 2020, in cui la vita del giovane Marco Scuto, all’epoca diciottenne, è tragicamente cambiata dopo essere stato brutalmente travolto da un auto; il coma e contemporaneamente la forza di aggrapparsi alla vita per 11 lunghi mesi, fino all’ultimo respiro esalato il 30 settembre 2021. Proprio una settimana fa, venerdì scorso, la prima udienza al Tribunale di Catania, dove Rossana Lo Re, madre di Marco, ha chiesto a gran voce giustizia per suo figlio “Noi siamo stati condannati all’ergastolo, siamo stati costretti a convivere con un dolore immenso, ma ormai consapevoli che Marco non ce lo restituisce nessuno, siamo disposti a tutto pur di ottenere giustizia”. Nell’aula del Tribunale di Catania, a presidiare la breve udienza preliminare, è stata la giudice Dorotea Catena, chiamata a decidere entro il prossimo 7 ottobre 2022 , l’ammissibilità della costituzione parte civile, formalizzata nell’interesse di tre associazioni nazionali per le vittime della strada, i cui contatti sono stati presi proprio dalla madre di Marco: “Casualmente, attraverso Facebook, sono venuta a conoscenza di queste associazioni che operano sul piano nazionale e sostengono i familiari delle vittime della strada; già i primissimi contatti sono stati esaustivi al fine dell’imminente processo: in una settimana hanno visionato l’intera documentazione per poi costituirsi parte civile nel processo, adesso bisogna aspettare che il giudice accetti”. Inusuale per quanto solitamente avviene in circostante analoghe, è stato il comportamento dell’imputato come spiega il legale della famiglia Scuto, l’avvocato Claudio Fagone: “L’imputato, durante questa prima udienza aveva la possibilità di formalizzare richiesta di rito alternativo, in questo caso o una richiesta di patteggiamento o di rito abbreviato, decidendo invece di non presentare ne una né l’altra”. Essenziale in questa fase del processo risulta essere la ricostruzione del sinistro sottolineando con particolare attenzione la velocità del mezzo investitore, compito che il pubblico ministero ha affidato all’ingegnere Veneto Torrisi: “E’ stato stimato che il conducente dell’automobile, anch’esso giovane appena venticinquenne - continua l’avv. Fagone - percorresse la via Passo Gravina a Catania, tratto in salita, a una velocità pari a 114 km/h centrando in pieno il mezzo a due ruote che viaggiava ad appena 20 km/h in cui Marco occupava il posto di passeggero. Di fronte a questa ricostruzione la richiesta di rinvio a giudizio è stata formalizzata per la velocità non adeguata allo stato del luogo, art. 141, e per la violazione della distanza di sicurezza, art.149, non si parla quindi di eccesso di velocità, seppur esso viene confermato nella ricostruzione sopracitata e forma quindi il capo d’imputazione”. In questo contesto preme sottolineare la condotta non ottimale dell’imputato, che nei due mesi successivi all’incidente ha fatto ricadere la responsabilità sulla sorella, dichiarando che fosse quest’ultima alla guida dell’auto, evitando quindi di sottoporsi all’alcool test. Solo a gennaio 2021 i fratelli hanno modificato le loro dichiarazioni esponendo alle autorità la corretta versione dei fatti, successivamente alle testimonianze degli altri passeggeri dell’auto che non confermavano la prima versione. Una ricostruzione oggettiva del genere, lascia poco spazio alle impressioni personali e l’avv. Fagone si esprime in merito: “Si parla chiaramente di falsa informazione fornita all’autorità giudiziaria, mi sembra consono pensare che si debba aprire un autonomo procedimento”. Un prezzo troppo grande da pagare, per Marco, per i suoi familiari, per chi lo amava. Nessun risarcimento potrà colmare un vuoto del genere, ma solo la giustizia potrà consentire di risanare, seppur in minima parte, questa ferita. “Io credo nella giustizia - afferma la madre di Marco - e nella giustizia confido non solo per il ricordo di mio figlio, ma anche per tutelare il futuro di tanti, troppi ragazzi che con una spaventosa leggerezza sfrecciano in strada o si mettono alla guida magari dopo aver bevuto. Per questo mi sento di dover combattere per mio figlio e per tutti i ragazzi che come lui formano un numero sempre crescente di vittime della strada e dell’imprudenza della gente”.La disperazione: "Condannati all'ergastolo"
La ricostruzione dell'incidente mortale
Nessun risarcimento potrà consolare i familiari