Il caso del padre “orco” che ha violentato la figlia 15enne a Catania , ha sicuramente destato scalpore. A tal proposito, martedì vi avevamo riportato l'approfondimento della psicologa e psicoterapeuta Sarah Grisiglione, mentre oggi intendiamo spiegarvi l'iter giudiziario e la vita all'interno del carcere che potrebbero toccare all'uomo. A parlarne con estrema professionalità sono stati l'educatore Bonaccorsi e il professore ordinario di diritto penale nell'Università di Catania Salvatore Aleo. Quest'ultimo, tra l'altro autore di numerosi libri di spicco in materia, inizia con una breve riflessione a riguardo: “Stiamo parlando di un argomento delicato, una problematica più simile a quella del pedofilo e completamente diversa da quella dell’uomo che attua violenza nei confronti di una donna che non ci sta. È un atto di amore disturbato.” - asserisce il professore che continua il suo discorso parlandoci anche delle disposizioni che in questo caso si andrebbero a prendere in considerazione. “La prima è sicuramente quella espressa dall’art. 609 bis del nostro codice penale per cui, per chiunque che con violenza o minaccia, o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali, è prevista una pena che va dai 6 ai 12 anni”. Pena che tra l'altro si vedrebbe aggiunte le aggravanti che la porterebbero ad aumentare di un terzo: “In questo caso si parlerebbe del 609-ter n.1 e 5, rispettivamente nei casi di persona della quale il colpevole sia, tra gli altri, il genitore - in questo caso il padre - e in quelli per cui l’atto si sia compiuto nei confronti di una persona minore di anni 18”.Trattandosi di soggetti a rischio di aggressioni persino da altri detenuti, il professore ci specifica di una sezione "protetti", prevista dal carcere al fine di porli in una situazione di sicurezza. Nel caso in questione, specifica poi l'educatore: “Non vi è ancora una sentenza, né definitiva, né di primo grado. A tal proposito, per quanto riguarda l’ordinamento penitenziario verso il detenuto in custodia cautelare l’unica attività che viene svolta consiste nel sostegno”. Con ciò si intende la presa in carico da parte dell'istituzione penitenziaria del soggetto, con annessa visita medica da parte di educatori che, come me, andrebbero a prendere in esame quello che viene definito tecnicamente il “nuovo giunto”. Chiaramente: “ Passando poi alla è da specificare come si tratti di un aspetto parecchio controverso all'interno del carcere, luogo in cui tra l'altro non è prevista. Le ragioni sono sicuramente legate al fatto che sia comunque una facoltà individuale e poi perché: Previsti in alternativa, invece, gruppi di approfondimento, percorsi psicologici e , durante i quali: Molto spesso, infatti, questo genere di reato non viene metabolizzato e a volte si cerca persino di nasconderlo, forse per un senso di protezione, di da quanto personalmente si è compiuto. I soggetti macchiati di reati sessuali sono tra i più disparati: Reiterazione, ma spesso anche derivante da una mancanza di confronto con l'altro, da problemi di autostima che portano il soggetto problematico a relazionarsi con chi non può e non sa difendersi: - conclude l'educatore -
Questi interventi andrebbero effettuati entro le 24 ore dal suo ingresso in istituto e la cosa più importante, a tal proposito, è quella della valutazione del così detto rischio suicidario, in funzione del quale bisogna intercettare tutte le fragilità del nuovo arrivato, fattore che si amplifica nel caso di autori di reati sessuali che, quasi sempre, non hanno mai avuto un contatto con il carcere e che sono per questo definiti “detenuti a reato primario”.
psicoterapia,
"Dal punto di vista scientifico ha tutto un setting, tecniche che all'interno della struttura carceraria non sono possibili per via del luogo e della durata del percorso che, se non completato causa uscita detenuto, finirebbe per essere addirittura dannoso".
colloqui individuali
"L'educatore tenta di capire la mentalità del soggetto esaminato, approfondendo in particolar modo il suo atteggiamento nei confronti della vittima del reato".
"difesa mentale"
"Mi capita di sentire giustificazioni tra le più disparate, dall'esser stati costretti con inganno, all'aver agito per provocazione. Ciò si deve al fatto che il detenuto tenti in ogni modo di deresponsabilizzarsi".
"Sacerdoti, ammiragli, docenti di scuole, autorità statali. Non si può stabilire a priori un meccanismo, ogni storia è a sé. Gli psicologi diranno che le motivazioni vanno ritrovate nell’infanzia o nel periodo evolutivo di questa persona o in problematiche legate a sua volta da un comportamento abusante subito, causante quindi una reiterazione dell’abuso".
debolezza
"Dal punto di vista scientifico ci troviamo nel campo delle parafilie, ossia delle deviazioni psichiche nella ricerca del piacere e della soddisfazione degli istinti, ed è giusto che voi ne parlate
perché troppe volte si tende a semplificare un mondo che, invece, andrebbe meglio approfondito nelle sue molteplici sfaccettature".