Di recente ci è capitato di imbatterci in un video raffigurante un esame avvenuto in modalità telematica, esame non proprio andato bene e che ha acceso forti polemiche. Dal video sono venute fuori diverse riflessioni: è giusto redarguire gli studenti con toni che spesso valicano il confine sottile tra rimprovero e offesa? Come reagire, da studenti, al fallimento? La scorsa settimana abbiamo assistito, attraverso i nostri smartphone, ad un evento spiacevole di cui quasi ognuno di noi - chi più, chi meno - ha fatto esperienza. All’università Vanvitelli di Caserta una studentessa viene bocciata “in diretta streaming”. La studentessa, al rimprovero del docente, domanda: “professore, è mai possibile che io ogni volta devo essere mortificata?”, ma il professore risponde per le rime “ma che ti devo dire? Ti devono arrestare!” Riferendosi al fatto che la studentessa non può permettersi di rispondere in maniera così errata alla domanda d’esame postale. Fin qui tutto - quasi - regolare. La situazione si aggrava ulteriormente nel momento in cui interviene la madre della studentessa, “mia figlia è esaurita! Cercate di comprendere”, facendo infuriare il docente e imbarazzare la studentessa/figlia. lo svolgimento degli esami universitari in questa modalità telematica ci ha messi davanti a un problema di cui prima ne ignoravamo l’esistenza ma che, di fatto, esiste. Fino a che punto un professore può spingersi nel rimproverare una studentessa, quanta comprensione può richiedere la studentessa e, infine, quanto è lecito per la madre intervenire in soccorso della figlia che stava subendo, a sua detta, un’ingiustizia? A L’Università Raccontata, programma di approfondimento del mercoledì pomeriggio a cura della redazione Sicra Press, sono intervenuti sul tema Damien Bonaccorsi, presidente dell’associazione Nike e consigliere al nucleo di valutazione Unict, e il dott. Claudio Maggio, responsabile dell’ufficio didattico universitario di Catania per la Fondazione YMCA Italia. In questa storia è difficile dire chi sono i buoni e i cattivi, chi i protagonisti e chi gli antagonisti, ci sono torti e ragioni da entrambe le parti, ma soprattutto ci si è accorti di una cosa: gli studenti, che spesso vivono la vita universitaria tra scogli, difficoltà, ansie e muri, non vanno lasciati soli nel loro percorso universitario, soprattutto dal punto di vista psicologico. Damien Bonaccorsi precisa che «si può sbagliare, nessuno è obbligato a darci la materia. I docenti devono però essere anche educatori, non possono inveire contro gli studenti» e sul trasferimento degli esami “classici” verso l’online commenta che «ha fatto emergere questa situazione. Non è sbagliata la bocciatura, sono sbagliati i modi in questa storia. Dall’altro lato assistiamo anche ad un altro problema: l’intervento del genitore, che è scorretto». Esiste però, spiega il dott. Maggio, un servizio (di cui spesso gli studenti universitari ignorano l’esistenza), che è quello del counseling psicologico: «Noi della Fondazione Ymca Italia organizziamo un servizio di counseling psicologico, concentrandoci sull’essere rintracciabili da parte degli studenti. Pensiamo che il principale problema in alcune università sia costituito dalla difficoltà per gli studenti nel contattare un servizio di counseling per farsi aiutare. Crediamo pertanto in questo rapporto diretto tra studente, referente e counselor della nostra Fondazione». Anche l’Università di Catania possiede un servizio di counseling psicologico. «Con la nostra associazione - Commenta Bonaccorsi - abbiamo richiesto di rendere quanto più pubblicizzato e funzionale il servizio di counseling. Il problema è riuscire a raggiungere tutti gli studenti, dati i numeri molto alti di Unict». Questa storia ci ha messi davanti al fatto che nella vita, e quindi anche nella propria carriera universitaria, capita di fallire. Ma è vero il detto secondo cui “sbagliando si impara?”. Per il dott. Maggio «capita a tutti, dipende da come si reagisce al fallimento. Non esiste chi non ha mai fallito. In questo senso il supporto psicologico può aiutare. Ma se lo studente fallisce e si sente abbandonato non avrà la forza di reagire». L’università è la palestra che dovrebbe prepararci alla vita, è il luogo in cui si impara a fallire e rialzarsi, ricevendo l’aiuto necessario per poter sì sbagliare, ma imparare dai propri errori e continuare con forza ancora maggiore. Studenti in difficoltà, esiste un aiuto
Ma fallire fa bene?