In questi giorni di lockdown per Covid19 c’è chi è uscito dallo studio troppo tardi, chi è rientrato a casa dopo un intervento chirurgico e chi ha comprato soltanto poche cose al supermercato. Così c’è l’avvocato di Torino che si è visto elevare il verbale perché stava rientrando a casa alle dieci di sera, orario – a dire dell’accertatore – incompatibile con l’attività professionale. Oppure la moglie che stava rientrando a Milano dal marito, dopo un intervento chirurgico specialistico a Napoli, passata indenne ai controlli dalla stazione di partenza e multata all'arrivo. «Avrebbe dovuto restare ospite da qualche familiare», si è sentita replicare da chi l’ha multata. O chi è uscito per acquistare la dose quotidiana di stupefacente. Non si contano più le obiezioni sul contenuto delle buste della spesa: il vino non sarebbe una necessità che giustifica lo spostamento, il latte sì. E poi c’è l’ormai famoso concetto di “prossimità all’abitazione” dei forzati del jogging. Cos’hanno in comune queste lamentale degli Italiani? Che sono stati tutti multati per aver violato i divieti imposti dai DPCM e dalle ordinanze dei enti locali emanate di urgenza che dall’11 marzo scorso hanno ridotto drasdicamente la libertà di spostamento individuale con la motivazione di fronteggiare l’emergenza sanitaria.
Gli accertatori di queste violazioni sono tutte le forze di polizia titolate a sanzionare chi sgarra, con criteri spesso molto discordanti tra di loro al variare delle località.
Un campionario di casi e giustificazioni che sta già intasando le Prefetture di tutta Italia, chiamate adesso a segnare il passo e a dare interpretazioni , possibilmente uniformi, alle norme.
In molti ci chiedono a chi fare ricorso? Questa testata grazie al supporto di alcuni legali di seguito riporta alcune indicazioni di carattere generale e dei principi applicativi.
Bisogna anche tener presente che le norme emergenziali devono necessariamente essere applicate col metro del buon senso al fine di non privarle di autorevolezza.
Il Decreto Legge 19 dello scorso 25 marzo ha depenalizzato tutte le violazioni commesse fino a quella data definendo per chi ha violato le regole in precedenza una sanzione ridotta di 200 euro, e stabilendo che per i reati commessi dal 26 Marzo l'inasprimento della sanzione che va da 400 a 3mila euro. Però se si paga entro 30 giorni verrà accordata una riduzione del 30 per cento.
Ma per chi ritiene d'aver subito un sorpruso ugualmente può impugnare l'accertamento con la seguente procedura .
Entro trenta giorni, con termini sospesi fino all'11 maggio, sarà possibile difendersi, inviando una memoria alla Prefettura territorialmente competente, a tal fine si può anche utilizzare la Pec nel quale l’interessato esplicita le motivazioni dell'annullamento dell'accertamento e può richiedere di essere audito. A quel punto il Prefetto, se non dovesse ritenere di archiviare la procedura, dovrà confermare la sanzione notificando all'interessato l’ordinanza d'ingiunzione.
Entro 30 giorni dalla notifica dell’ordinanza d’ingiunzione, il presunto trasgressore potrà impugnare innanzi al giudice monocratico competente per territorio dove è stata commessa l’infrazione. Si comprende che è iter lungo che nei prossimi mesi, dedicati al rilancio del Paese, rischia ulteriormente di ingolfare la giustizia italiana che di contro dovrebbe concentrare le risorse e le energie nei procedimenti giudiziari pendenti che già sono messi a dura prova nella loro tenuta pratica.
SA.MI.