In questo periodo di emergenza coronavirus la convivenza si fa più stretta. Il premier Giuseppe Conte è stato chiaro: non si può uscire di casa. Non per tutti però le mura domestiche rappresentano un luogo sicuro e protetto. La convivenza forzata, l’isolamento, l’instabilità economica possono comportare per donne e figli il rischio di una maggiore esposizione alla violenza domestica e assistita. Proprio come è accaduto in Cina da dove giungono dati allarmanti. Dal 6 marzo, secondo un’organizzazione non governativa cinese che lavora con le donne, il numero di casi di violenza domestica nella provincia di Hubei, è salito in maniera vertiginosa e a febbraio il numero è raddoppiato rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. E in Italia le vittime di abusi in questo periodo rischiano due volte: il contagio e la violenza maschile. Fa riflettere la scia di sangue che ha segnato il 2019: nel nostro Paese l’81,2 per cento dei femminicidi è avvenuto all’interno della famiglia. La situazione è drammatica in ogni parte della penisola. I centri D.i.Re (Donne in Rete contro la violenza), che da anni si occupano di contrastare la violenza sulle donne, fotografano la situazione: “All’inizio di questa sorta di quarantena, il flusso di chiamate è drasticamente diminuito. I nostri telefoni hanno taciuto per giorni. Solo dopo un po’ abbiamo iniziato a sentirli squillare di nuovo”. Si tratta di un’emergenza nell’emergenza, insomma. Le donne vittime di violenza chiedono aiuto mentre fanno la spesa o buttano la spazzatura. Si riducono infatti le possibilità per chiedere aiuto, che erano spesso legate all'assenza del partner dall'abitazione o alle uscite delle vittime adesso ridotte. La ministra delle Pari Opportunità e della Famiglia Elena Bonetti è stata poi chiara: Se subite violenza chiedete aiuto, non temete l’autocertificazione”. Le donne che si recano in una struttura antiviolenza saranno infatti dispensate dallo scrivere il luogo e dal dare indicazioni più precise rispetto allo stato di necessità per cui hanno lasciato l'abitazione. Le donne devono saperlo. La rete antiviolenza è presente, attiva e in grado di supportarle, e che potranno ricevere consulenza, sostegno e protezione. In caso di violenza domestica si può chiamare il numero nazionale 1522, sempre attivo e gratuito, con un'accoglienza disponibile in italiano, inglese, francese, spagnolo e arabo. Possibile anche scaricare l’app 1522 da ogni smartphone, per collegarsi con le operatrici antiviolenza, consultare il sito "dire contro la violenza", per individuare il centro più vicino alla vittima e per chiedere aiuto. In caso di pericolo immediato, invece, ci si può rivolgere alle forze dell'ordine o al pronto intervento, chiamando i numeri 112 (carabinieri), 113 (polizia) o 188 (emergenza sanitaria)...