Ci sperava. Ci sperava con tutto il cuore che quella sentenza fosse annullata. Ma l'udienza in Cassazione ha straziato il cuore di un padre, di una famiglia intera che non si dà pace da quel 6 marzo 2017, giorno in cui Mimmo Crisafulli perse la vita in un incidente stradale a Catania. Al Palazzo di giustizia di Roma, la giustizia per la morte di Mimmo non è arrivata: con un udienza a porte chiuse, la Cassazione ha chiuso definitivamente il caso dichiarando inammissibili i ricorsi (presentati dalla difesa della famiglia Crisafulli e dall'Associazione italiana familiari e vittime della strada) contro il patteggiamento concesso ad Anastasia Conti in udienza preliminare a Catania; confermata, quindi, la condanna a 5 mesi e 10 giorni di reclusione con la condizionale e non menzione sul casellario giudiziale. Un'udienza che ha tolto ogni speranza di una possibile giustizia a chi ha perso un figlio, un marito e un padre, e che da tre anni rincorre la giustizia per Mimmo Crisafulli. Per urlare al mondo che "non si patteggia la morte", il padre Pietro Crisafulli aveva anche organizzato un viaggio in camper da Catania a Roma per recarsi al palazzo di giustizia proprio nel giorno dell'udienza, fissata per giorno 11 febbraio 2020. La risposta, però, è arrivata non appena rientrato a Catania e quella luce, che lo aveva spinto a credere di poter avere ancora giustizia per la morte di Mimmo, si è ormai spenta: "Giudici senza pietà. Chi uccide, può patteggiare. Da oggi gli italiani sono stati autorizzati a non fermarsi allo stop, oppure a passare con il rosso. Oggi mi è crollato il mondo addosso, e la mia sofferenza è diventata ancora più insopportabile. Ho persino subito l'ingiustizia di non poter prendere parte all'udienza in cui si parlava della morte di mio figlio, né io né gli avvocati: le leggi devono essere cambiate." Queste le parole di un padre che non si dà pace, deluso e amareggiato al pensiero che la morte di Mimmo valga soltanto un patteggiamento di 5 mesi e 10 giorni di reclusione. Ma nonostante la speranza sia ormai venuta a mancare, tra un mese circa gli avvocati della famiglia Crisafulli ricorreranno alla Corte Europea di Strasburgo. "Mi recherò anche lì - afferma Pietro Crisafulli - perché questa è stata un'offesa alla dignità di mio figlio, è stato calpestato e umiliato dalla legge italiana, e farò di tutto per togliermi anche la cittadinanza italiana. Questo è un dolore troppo grande da sopportare".