Jojo è un bambino tedesco di dieci anni di razza “pura”, ha i capelli biondi e gli occhi azzurri e, per affrontare la vita, si affida ai consigli del suo amico immaginario Adolf Hitler. Patriota appassionato e nazista convinto, il piccolo Jojo è il modello di soldato perfetto: acclama il regime e crede ciecamente a ogni menzogna che gli viene propinata. Con il padre impiegato al fronte e la madre impegnata a boicottare il regime, Jojo viene integrato nella gioventù hitleriana. Tra orrori snaturati in chiave comica e disavventure grottesche, Jojo Rabbit- il film di Taika Waititi che vince l’Oscar come miglior sceneggiatura non originale del 2020- spiega con inedita immediatezza il sistema di condizionamento nazista. La tragedia della guerra, l’odio razziale, la deportazione degli ebrei e l’offuscamento della Germania nazista vengono per la prima volta raccontati con spregevole leggerezza e, per questo, perfettamente ritratti. Il bambino tedesco che partecipa a un parodistico e paradossale campo estivo che- come per l’arruolamento militare e l’indottrinamento al regime- insinua in lui un profondo bisogno di approvazione e senso di appartenenza, si fa sintesi delle contraddizioni storiche. L’atrocità della guerra vista con l’occhio di un bambino fanatico diventa così una commedia. Scontato nell’evoluzione, - Jojo prima intollerante e pieno di pregiudizi indotti, si redime dopo essersi innamorato di una ragazza ebrea che si nasconde in casa sua – il film racconta con ingenuità e irriverenza un canonico percorso di formazione, che è però quello di un nazista. In questa storia Hitler, l’amico fidato e immaginario di Jojo, appare come manifestazione della sua coscienza per aiutarlo nei momenti di paura e dubbio e, in ogni singola scena in cui è presente, fa ridere. Il generale “che non è nemmeno capace di farsi crescere i baffi” – personaggio interpretato dal regista e sceneggiatore Waititi – ha le movenze di Chaplin e una carica comica teatrale. Radicalizzato come fosse un fantoccio, con discorsi approssimativi e ragionamenti sconnessi, il dittatore spinge Jojo ad assecondare il volere collettivo. Nonostante la madre – interpretata da Scarlett Johansson – sia per Jojo, tra la miriade di fantocci caricaturali a cui fa riferimento, un esempio autentico di umanità e compassione, sarà solo l’innamoramento a ispirarlo e a liberarlo dalla sua percezione distorta della realtà. E proprio attraverso una distorsione della Storia, il film si guadagna la statuetta agli Oscar: raccontando in modo primordiale e in tono canzonatorio la parabola di un piccolo eroe travestito da nazista.