Dopo i 5 morti di Calenzano anche il governo Meloni parla del reato "omicidio sul lavoro"
Piero Santonastaso*
Cinque morti, 4 vedove, 9 orfani e 2 lavoratori in pericolo di vita
È il bilancio dell’esplosione nel deposito Eni di Calenzano, 24 ore dopo il disastro. Martedì 10 dicembre alla conta della strage si sono aggiunte altre 4 vittime, nonostante i media parlino di 2 soli morti, portando il totale dell’anno a 1087 lavoratori uccisi.
La situazione si è fatta talmente grave da spingere un esponente del governo Meloni, che storicamente non si occupa dei morti di lavoro, a uscirsene con un annuncio a sorpresa. Dice il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, «entro pochi giorni depositeremo la relazione e una proposta per una nuova fattispecie di reato, l’omicidio sul lavoro, che conterrà specifiche aggravanti per chi non adempie ai fondamentali obblighi di prevenzione e sconti per chi si dimostrerà in regola». Affermazione sorprendente, dal momento che la destra ha sempre fatto muro rispetto all’istituzione del nuovo reato, così come il centrosinistra e Cgil, Cisl e Uil, che solo da qualche mese hanno fatto propria la battaglia condotta da USB con l’appoggio nella precedente legislatura delle parlamentari di ManifestA. Stupisce poi che una notizia del genere venga data da un esponente di secondo piano dell’Esecutivo, il che la dice lunga sulla credibilità dell’annuncio.
Riepiloghiamo intanto i nomi delle vittime di Calenzano, i cui corpi sono stati tutti recuperati: Davide Baronti, 49 anni, moglie e due figli, di Bientina (Pisa); Fabio Cirelli, 50 anni, moglie e due figli, di Cirigliano (Matera); Carmelo Corso, 57 anni, moglie e due figli, nato a Catania ma residente da tempo a San Giorgio a Colonica (Prato); Vincenzo Martinelli, 51 anni, divorziato, due figlie, di Prato; Gerardo Pepe, 45 anni, moglie e una figlia, di Sasso di Castalda (Potenza).
*della rete online "Morti di Lavoro"